Bibanesi e Slow Food

Per coltivare un sogno

10.000 orti in Africa​

Al centro ci sono le persone, attori e protagonisti delle azioni, dei progetti. Il percorso di questo sviluppo è molto più lungo, più faticoso, ma è facilitato e rigenerato continuamente dalla rete: comunità, orti, Presìdi, condotte, soci, altre associazioni che condividono la stessa filosofia.

L’Africa è un continente sterminato, con 55 stati e circa 960 milioni di abitanti che parlano oltre 2000 lingue. Alla varietà di popoli e di culture si affianca una straordinaria ricchezza di biodiversità. Lungo i 6000 chilometri della faglia della Rift Valley, si trovano alcuni degli ecosistemi più interessanti al mondo: come quello del lago Vittoria, o del gruppo montuoso del Kilimangiaro.

In Africa, pochissimi hanno lavorato per valorizzare questa biodiversità. Slow Food parte da lì, da quell’universo sconosciuto, proponendo un modello di sviluppo endogeno che prende origine dalla storia e dalle caratteristiche del continente stesso.

I coordinatori nazionali di Slow Food nel corso degli ultimi anni si sono incontrati in diverse occasioni per decidere cosa e come coltivare. E hanno proposto soluzioni attente a ogni contesto: dalle oasi marocchine alle terre aride del Mali.

Le comunità producono i propri semi, coltivano i prodotti tradizionali (ortaggi, legumi, frutta, erbe aromatiche e medicinali), usano rimedi naturali per fertilizzare il terreno, per combattere insetti nocivi ed erbe infestanti.
Con i Presìdi, i Mercati della Terra e il progetto dei 10.000 orti in Africa, Slow Food promuove il diritto delle comunità locali a coltivare la propria terra.

I numeri di Slow Food

Mille… diecimila orti in Africa

Se paragonato alla gravità e alla complessità della perenne crisi che attanaglia il continente africano, l’atto di coltivare un orto sembra un gesto piuttosto insignificante. Ma se gli orti diventano 10.000 e se, attorno a questi, nascono reti di contadini, agronomi, studenti e cuochi in oltre venti Paesi, allora questi piccoli progetti possono indicare la strada verso un futuro sostenibile, attento ai bisogni delle comunità locali.

Qualche anno fa, in occasione di Salone del Gusto e Terra Madre 2010, insieme ai delegati della rete africana, abbiamo lanciato i primi semi del progetto. Con un obiettivo ambizioso: realizzare 1.000 orti per rappresentare concretamente la filosofia Slow Food nel continente africano.

Orti che coinvolgessero i giovani, e si basassero sul sapere degli anziani, per conoscere e valorizzare il cibo locale; condividere esperienze e conoscenze e promuovere il cibo buono, pulito e giusto. Un obiettivo ampiamente raggiunto, da un lato grazie al lavoro di migliaia di comunità, scuole e persone; dall’altro grazie al sostegno di altrettante migliaia di persone, condotte Slow Food, aziende, scuole ed enti di tutto il mondo.
Roba, Edie, John, Ben, Sara, Aurelia, Abdon sono solo alcuni dei nomi grazie ai quali crediamo di essere pronti per una sfida ancora più grande: arrivare a 10.000 orti in Africa.

Un orto Slow Food è un orto diverso​

L’orto Slow Food vuole creare, insieme alle comunità locali, modelli concreti di agricoltura sostenibile, attenti alle diverse realtà (ambientali, sociale culturali) e facilmente replicabili.
In Africa abbiamo realizzato:

• orti scolastici: coltivati dagli alunni insieme agli insegnanti
• orti comunitari: gestiti da una comunità che condivide il lavoro e il raccolto
• orti familiari: gruppi di orti gestiti da famiglie, che fanno parte di una comunità

L’orto Slow Food si sviluppa secondo la filosofi a del buono, pulito e giusto.

• garantisce prodotti freschi e genuini
• valorizza i prodotti locali
• salvaguarda le ricette tradizionali
• produce trasformati di qualità (nelle stagioni in cui ci sono prodotti in eccedenza)

• rispetta l’ambiente
• utilizza in modo sostenibile suolo e acqua
• tutela la biodiversità

• è un’esperienza comunitaria, che riunisce generazioni diverse e contesti sociali diversi (insegnanti, studenti e contadini)
• promuove le conoscenze e le competenze degli agricoltori, in modo da migliorare la loro autonomia e la loro autostima
• favorisce la sovranità alimentare, dando alle comunità la possibilità di scegliere cosa coltivare e mangiare

L’approccio si ispira ai principi dell’agroecologia che, a differenza dell’approccio agroeconomico convenzionale mette in evidenza l’importanza della biodiversità, di una corretta gestione di suolo e acqua, dell’interazione tra produzioni vegetali, animali, suolo.
Ogni orto Slow Food non è un progetto a sé stante, ma si inserisce nella comunità come esperienza di condivisione. Offre la possibilità a diverse generazioni di incontrarsi, di scambiare conoscenze, di rafforzare lo spirito di solidarietà e di amicizia.

Per ulteriori informazioni: www.fondazioneslowfood.it